Situata in un territorio caratterizzato da cave e da pantani, ma rivestito anche da vigneti,
mandorleti e agrumeti, Noto (23.548 abitanti nel censimento 2008) occupa il
declivio di un colle degli Iblei, a circa 10 chilometri dalla costa ionica, in posizione quasi equidistante da
Pachino e Siracusa. Del suo originario e antichissimo insediamento, sul contrafforte dell'Alveria, permangono
soltanto un tratto delle mura orientali, la Porta Reale, i ruderi del castello e alcuni frammenti architettonici
conservati nell'Eremo della Madonna della Provvidenza.
Il terremoto dell’11 gennaio del 1693 distrugge la città. Giuseppe Lanza, duca di Camastra, viene
nominato vicario generale della ricostruzione nel «vallo» di Noto, coadiuvato da un gruppo di tecnici tra
cui il fiammingo Carlos Grunemberg, ingegnere militare del re di Spagna. Si decide di ricostruire la città
nel feudo delle Meti, di proprietà del nobile Landolina, lo stesso cui si attribuisce parte della
paternità del primo progetto della nuova Noto. Nonostante le resistenze al trasferimento da parte degli
abitanti, nel 1700 il Consiglio della città, forte del precedente parere del Landolina e sostenuto
dall'Asmundo, commissario generale, delibera il completamento della nuova Noto. Il risultato finale è un
impianto particolare, in cui si leggono due città: una di forma rettangolare, strutturata su un asse portante
in direzione est-ovest e due piazze (area venalis o del mercato e area majoris ecclesiae) che
definiscono i luoghi del potere e delle istituzioni; l'altra, sulla spianata alta del colle, con maglia a scacchiera e asse portante in direzione nord-sud, sede del popolo. Tre quadrati in sequenza formano la città del potere
dimensionata nel rapporto di 1 a 3. Sulla quinta parte del lato del quadrato si modula la piazza, costruita sul rapporto di 2 a 4, in base ai rapporti armonici dei trattatisti, utilizzati dagli architetti del Sei e
Settecento.