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CAPRI

CAPRI

In tempi assai remoti, tanto remoti da sembrare già favolosi nell'età omerica, Capri dovette essere tutt'uno con la Penisola Sorrentina. Venne poi un fortunato cataclisma a staccarla dalla terraferma e a darle, così, quell'isolamento che ha preservata, nel corso dei secoli, la sua incomparabile bellezza. Non tentiamo neppure alla lontana, di esercitare le nostre moderate possibilità letterarie sul fascino misterioso di Capri, proceda esso per ragioni estetiche dalla sua pura bellezza formale, o per ragioni sociali dal tono particolare della vita che vi si conduce. Tutti i motivi, tutti gli argomenti, tutte le escogitazioni tra il fisico e il metafisico, il sacro e il profano, sono stati abbondantemente sfruttati dalla'poesia e dall'arte in una sterminata gamma che va dagli ingenui rapimenti del canto popolare alle astruse raffinatezze della poesia ermetica. Un letterato che si rispetti deve escludere severamente Capri dal suo prontuario di temi. Le comunicazioni con l'isola, marittime, con vaporetto ed aliscafo, o aeree con elicottero, sono varie e frequenti, specie nella stagione estiva. Vi sono linee dirette da Napoli, che hanno il pregio della maggior rapidità; ma noi consigliamo la linea detta «della passeggiata» che, dopo aver toccato Sorrento, offre al viaggiatore una successione di spettacoli sorprendenti offerti dalla mirabile costa fra il capo di Sorrento e la punta della Campanella, che la motonave o l'aliscafo vengono quasi radendo. Dopo il faro della Campanella si prova una di quelle emozioni che pochissimi luoghi del mondo possono dare: di fronte l'isola che a mano a mano ingigantisce, alle spalle la catena dei monti Lattari, a sinistra l'improvviso aprirsi del golfo di Salerno nelle sue delicate sfumature e con le mitiche isolette dei Galli, a destra, in lontananza, il profilo evanescente delle isole flegree. Lo sbalordimento e la gioia sopraffanno il turista, che si sente trasportato nel mondo dei sogni, finché lo richiama alla realtà il felice approdo alla Marina grande. Dopo la fama, qualche volta un po' equivoca, di cui godette al tempo dei Romani (ma quanta compiaciuta esagerazione nel tramandare le dissolutezze del vecchio Tiberio), Capri visse tranquilla e ignorata la sua vita comunale, agricola e pescatoria; tornò alla luce della gloria quando, nel 1808, Gioacchino Murat ne allontanò gl'Inglesi; poi, nell'età romantica cominciarono a piombarle addosso gli «scopritori» stranieri (un poeta tedesco violò il segreto della grotta azzurra) e nel corso degli anni, e più intensamente nei primi di questo secolo, venne ad assumere il grado privilegiato che detiene nella scala delle stazioni climatiche. Privilegio che deriva dal fatto singolare che le ragioni del suo incanto sono valide in qualunque stagione dell'anno; e dall'altro fatto che in poche località turistiche si trovano, come qui, la perfetta organizzazione turistica, l’igiene pubblica accuratissima, la cortesia degli abitanti. Dalla Marina Grande, che è anche l'avanguardia dell’ottima attrezzatura alberghiera dell'isola, si raggiunge il centro cittadino (m. 138), in pochi minuti, servendosi della Funicolare, che sale dolcemente sfiorando vigneti e agrumeti, e ripe fiorite di oleandri. Volendo, invece, raggiungere il centro per la strada carrozzabile che parte dalla Marina, e che offre, nelle sue successive svolte, magnifici punti di vista, si vorrà sostare un momento, poco dopo l'inizio della salita, alla Chiesa di San Costanzo, oltremodo pittoresca. Vi è custodita la spoglia di san Costanzo, patrono dell'isola. Fondata nell’XI secolo, questa chiesa fu ampliata nel sec. XIV, e avanza, della ristrutturazione trecentesca, il grazioso portale. Assai curiosa la cupola, con l'attiguo piccolo campanile. Interno a croce greca, con 4 colonne di marmo provenienti da una villa romana e altre 4 di mattoni in sostituzione di quelle che Carlo di Borbone asportò per la cappella di Caserta. Si noti anche la bizzarra acquasantiera ricavata da un’antica colonna. Dalla stazione superiore della Funicolare, che si apre su un'ampia terrazza dominante la Marina grande e si passa nella piazza Umberto I. Questi pochi metri quadrati sono un microcosmo; per alcuni sono il centro dell'universo. Nella piccola e irregolare area non sono monumenti insigni per antichità o per arte, il paesaggio ne è pressoché escluso, eppure s'incontra qui, in alcune ore del giorno, il meglio o il più curioso offre il mondo. Sovrani e principi, o spodestati o felicemente regnanti, altisonanti nomi del Gotha, grandi capitani d’industria e della finanza, aquile della politica e dell'arte, dive del cinema s'incontrano e si confondono in questo singolare salotto all'aperto, livellati da quel pieno senso del vivere che è stato definito «l'aria di Capri». La popolazione autoctona, che, in gran parte ha serbato il suo rude e onesto costume, osserva, tra compiaciuta e ironica, questo effimero spumeggiare. Negli edifici che circondano la piazza si notano tracce di antiche costruzioni normanne. Si osservi il caratteristico campanile e, di fronte, preceduta da una scalinata, la Chiesa di S. Stefano, rifatta nel 1683: nell'interno è un pavimento di marmo e alcune colonne provenienti dalla Villa Jovis; tombe secentesche della famiglia Arcucci, provenienti dalla Certosa; tavola della Madonna con bambino e santi; nel Tesoro, busti argentei di S. Gioacchino e di S. Costanzo. Accanto è il Palazzo Cerio, nel quale il proprietario, il geniale e versatile scrittore Edwin Cerio, mise insieme, oltre alle raccolte di storia naturale fatte dal padre dott. Ignazio, un piccolo museo caprese con una doviziosa biblioteca e archivio. Da questa piazza hanno inizio le varie escursioni nell'isola. Indichiamo le più importanti, facendo peraltro notare che il turista ben avveduto può meglio gustare l'incanto caprese procedendo per istinto, senza mete prestabilite, abbandonando le stradine principali per i sentieri meno battuti: in tal modo le sue sensazioni e le sue emozioni si moltiplicheranno. Supposto, beninteso, che oltre all'amore per la natura egli abbia valide gambe. Incontrerà punti di vista uno diverso dall'altro, una flora libera e selvatica e meglio comprenderà il valore funzionale, oltreché estetico, della mirabile architettura rurale caprese, con le sue loggette, i suoi tetti a mezza cupola, i suoi caratteristici pergolati: architettura che rimane ancora trionfante di qualche colpevole compiacenza alle forme, qui improprie, dell'architettura moderna.



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