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COSTIERA AMALFITANA

COSTIERA AMALFITANA

Sul versante opposto alla Penisola Sorrentina si snoda un altro prodigioso scenario fra mare e monte: quello del golfo di Salerno che, per ampiezza, solennità, varietà di forme e di colori, si batte ad armi eguali con il suo rivale, il golfo di Napoli, né la partita si può dirsi vinta dall'uno o dall'altro. Specie il primo tratto della costa, che prende il nome dalla più illustre delle sue cittadine: Amalfi, è meta obbligata di ogni turista che si rispetti.
La gita alla Costiera Amalfitana può farsi per quattro distinte strade, ognuna di un suo particolare interesse. Cominceremo da quella più generalmente seguita e poi daremo conto delle altre.

Per i Colli di Sorrento: Dalla piazza di Meta (o anche da Sant'Agnello), per un'amenissima strada che, svolgendosi in salita lungo i colli, si lascia indietro il panorama della lussureggiante piana sorrentina, si arriva, a cavaliere sui due mari, ai Colli di San Pietro, detti anche di Teresinella dall'omonimo celebre restaurant. Da questo punto, precipitandosi nel golfo di Salerno in una prima zona di selvaggia bellezza, con pini marittimi e querce, ha inizio la lunga strada costiera che conduce a Salerno. E’ uno delle più belle e grandiose strade del mondo: segue, quasi sempre a notevole altezza sul mare, le sinuosità della costa, ora sporgendosi sul golfo ora rientrando nelle profonde feritoie della roccia; avendo a sinistra una poderosa cortina di montagne e a destra la distesa del mare con le isolette dei Galli (le antiche Sirenuse), avanguardie di Capri. Si raggiunge, dopo un lungo tratto quasi desertico, la città di Positano. La si può anche raggiungere da S. Agata per mezzo della nuova strada detta Nastro Azzurro.

Fondata dagli abitanti di Pesto, in fuga davanti agli invasori saraceni, Positano ebbe grande importanza commerciale e marittima fino agli Angioini. Oggi è uno dei luoghi di villeggiatura più frequentati, così d'estate come d'inverno, prediletto dagli intellettuali e dalle persone di gusto raffinato. L'abitato precipita a terrazze verso il mare in uno scenario presepiale singolarmente suggestivo: tipica l'architettura delle case, orientaleggiante, con la volta a calotta, da osservarsi anche nella parrocchiale Chiesa dell'Assunta, nel cui campanile è incastrato un bassorilievo antico, con figurazioni di animali. Nell'interno vi è una tavola bizantina della Madonna col bambino e Circoncisione, di Fabrizio Santafede (1599).

La strada continua superando profondi valloni: sparita Positano, ci compare davanti la pittoresca Vettica maggiore, con la cupola di scintillanti maioliche della sua chiesa; e poi, traversata la galleria che fora il promontorio di Capo Sottile, ecco un altro pittoresco villaggio: Praiano, e più avanti la Torre di Conca, quasi sorgente dal mare.

Nella parrocchiale Chiesa di San Gennaro, in Vettica, sono notevoli una Sacra famiglia di ignoto cinquecentista napoletano, già attribuito allo Zingaro, e tre tele di G. B. Lama: L'Annunziata, Martirio di San Lorenzo e S. Pietro Apostolo.

La Collegiata di San Luca, in Praiano, dall'interno a tre navate con ricca ornamentazione marmorea, serba altre quattro tele dello stesso Lama: Madonna e santi, Madonna del Consiglio, Madonna del Carmine e Circoncisione.

Ancora una galleria, poi la gola di Praia, con poche case sul fondo e una torre presso la breve spiaggia. Più precipitosa la successiva gola, il vallone di Furore, impressionante apocalittica visione, con il fondersi, in maniera forse unica, dell'orrido e del pittoresco. In alto, sull'orlo del precipizio di Agerola, l'alta torre del Castello Avitabile. L'abitato di Furore è sparso in varie frazioni: nella Chiesa di S. Elia è un interessante quadro del quattrocentista capuano Angelo Antonelli: la Madonna con i santi Bartolomeo ed Elia.

Di nuovo una breve galleria, poi, a destra, l'agglomerato di case che costituiscono la bella Conca dei Marini e finalmente, alla prossima svolta, un altro spettacolo che non potrà mai dimenticarsi: la bianca Amalfi che si offre al visitatore con il doppio fascino della sua bellezza e della sua gloriosa storia.

Fondata, secondo la tradizione, da alcuni cavalieri romani fuorusciti dopo la morte di Costantino, in lotta con i duchi di Benevento e di Salerno, conquistò nel sec. X la piena indipendenza, costituendosi in libera repubblica marinara - la prima d'Italia -, che durò fino al 1137. Poi, serbando il titolo di ducato, seguì le sorti del regno di Napoli, feudo dei Sanseverino, dei Colonna, degli Orsini e dei Piccolomini. Monumento insigne della potenza commerciale e della sapienza giuridica degli Amalfitani sono le Tabulae e le Consuetudines, la cui ultima redazione è del 1276. E se è da considerarsi leggendario il personaggio di Flavio Gioia, non è discutibile che agli amalfitani si debba almeno il perfezionamento della bussola.

Con precedenti storici così gloriosi, la bella cittadina non poteva non serbare cospicue testimonianze monumentali del suo passato. Accenniamo di volata alla Chiesa di S. Antonio, con affreschi del sec. XIII nella cripta; alla Chiesa del Rosario, con una tavola della Madonna incoronata e una croce astile del sec. XIII; al Camposanto (già monastero di pan Lorenzo del Piano) che ha un chiostro duecentesco e un lungo portico sulla facciata; al Convento dei Cappuccini che, pur adattato ad albergo, conserva intatto il chiostro, con arcate incrociate, sostenute da colonne doriche abbinate. Ma l'orgoglio della città e dei suoi abitanti è costituito dal Duomo, intitolato al patrono S. Andrea.

Fondato nell'800, ampliato nel 987, rifatto nel 1208, e più volte in seguito rimaneggiato e restaurato fino alla seconda metà del sec. XIX, quando, in seguito al crollo della facciata - già deturpata, del resto, nel sec. XVIII sotto il vescovo Bologna - venne eseguito un generale e non felice restauro, concluso nel 1891, ad opera degli architetti Alvino, Della Corte e Raimondi, e dei pittori Domenico Morelli e Paolo Vetri.

Per un'altissima scalinata si accede all'atrio, che dell'antica costruzione serba alcune colonne e capitelli provenienti da Pesto, e sul quale si aprono - inquadrate in un magnifico portale scolpito a fogliami e animali - le celebri porte di bronzo, che furono commesse a Costantinopoli da Pantaleone di Mauro (sec. XI) e servirono di modello all'abate Desiderio per le porte di Montecassino.

L'interno della chiesa è barocco: dell'antico avanza soltanto, nel coro, una delle colonne dell'ambone con decorazione musiva (sec. XII). Soffitto affrescato da Andrea dell'Asta, scolaro del Solimena. Nella II cappella a sinistra, battistero in porfido rosso egizio; da questa si passa nella Cappella Castriota, in cui sono una Pietà cinquecentesca, una tavola centinata con Madonna e santi del sec. XV, e 8 tavolette di santi superstiti di un polittico.

Anche la cripta ha perduto il suo carattere primitivo. Rifatta nel 600 dagli architetti Fontana, ospita S. Andrea, statua di Michelangelo Naccherino; S. Stefano e S. Lorenzo, statue di Pietro Bernini. Affreschi delle volte di Vincenzo di Pino.

Dall'atrio si passa nel delizioso Chiostro del paradiso, di tipo arabo, con doppie colonne antiche e archi acutissimi incrociati: opera di Giulio di Stefano (1103). Fu, al tempo della repubblica, cimitero dei cittadini illustri: ora è un piccolo museo di antichità amalfitane, fra cui sono di somma importanza i due sarcofagi provenienti da Pesto con i bassorilievi del Ratto di Proserpina e delle Nozze di Teti e Peleo.

A sinistra della facciata, il Campanile, superstite all'antica, chiesa, iniziato nel 1180, ma compiuto solo nel 1276. E’ a bifore cieche, -surmontate da una cupola, alla cui base sono altre quattro piccole cupolette: l'una e le altre decorate di arcatelle incrostate di maioliche colorate.



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