Giungendo da Palermo per la strada litoranea, oltrepassate le pianure alluvionali di Campofelice e Lascari, quasi improvvisamente appare Cefalù (13 900 abitanti).
Dalle origini al XII secolo. La singolare conformazione della Rocca (m 268),
l'importanza strategica del luogo, la fertilità del territorio, hanno indubbiamente contribuito allo
stanziamento in questo sito di comunità primitive. La storia urbana di Cefalù ha inizio, tuttavia, nel
V secolo a.C. alle falde della gigantesca rupe, come testimoniano i resti delle mura megalitiche che circondavano la
città. La struttura dell'insediamento relativa a questa cinta muraria costituisce ancora oggi un interessante
problema; le ipotesi più recenti tendono a recuperare una continuità dell'insediamento a partire dal V
secolo a.C. attraverso le oscure vicende del tardo periodo romano e dei primi secoli medievali, fino alla
rifondazione di Ruggero II (sec. XII), che caratterizza il disegno della città attuale.
L’insediamento medievale. In seguito alla rifondazione, infatti, la città si
riorganizza secondo un nuovo e unitario disegno urbano: il corso Ruggero (via Regia), asse fondamentale
dell'impianto, dalla Porta di terra (piazza Garibaldi) conduce al Piano della Cattedrale, ove, secondo le ipotesi
più accreditate dagli storici, era ubicata la domus regia di Ruggero II. Il corso interseca la via
Portosalvo, che unisce virtualmente la Porta di mare alla Porta Giudecca, creando una croce di strade, probabile
supporto del nuovo impianto. Tale ipotesi è confortata dalla presenza della chiesa di S. Giorgio (oggi S.
Leonardo), fatta costruire da Ruggero II nel 1125. L'antica via Regia divide la città in due parti, orientale
e occidentale: la prima, alle falde della Rocca, si organizza secondo una complessa struttura di vicoli ciechi,
cortili e caratteristiche gradinate, che configurano un interessante tessuto medievale (attuale rione
Crucidda‑Francavilla); a ovest, l'impianto regolare a lunghi isolati paralleli, rende credibile l'ipotesi che
questa parte della città mantenga l'originaria matrice urbanistica di tipo ippodameo.
Il significato della rifondazione ruggeriana si coglie oggi soprattutto nel Duomo, simbolo e sintesi della politica
del sovrano normanno che, nel consolidare la monarchia in Sicilia, va oltre l'organizzazione di uno stato feudale,
accentrando nella persona del re il controllo supremo della struttura civile e religiosa. Con questo disegno politico
nel 1131 fonda il Duomo e, con l'approvazione dell'antipapa Anacleto II, ricostituisce il vescovado di rito latino,
dotandolo di grossi possedimenti e assegnando al vescovo ampi poteri feudali. Ai canonici regolari di S. Agostino di
Bagnara Calabra affida la guida della diocesi e il controllo del territorio di sua pertinenza. Nel 1166,
modificatisi con Guglielmo I i rapporti politici tra il papato e la monarchia normanna, il papa Alessandro III
riconosce pienamente il Vescovado di Cefalù e ne conferma successivamente i possedimenti.
La prima metà del XIII secolo è segnata dai contrasti tra il vescovo e Federico II di Svevia,
contrasti che traggono pretesto dal possesso del Castello sulla Rocca e dal controllo su alcuni territori della
diocesi e che finalmente si risolvono dopo il 1223: il Castello ritorna in possesso dell'imperatore e il vescovo
riacquista i suoi diritti sulla diocesi. Fino agli inizi della nuova dominazione angioina, nella seconda metà
del XIII secolo, la città subisce la supremazia di Ventimiglia. Nella seconda metà del XV secolo per
la città, definitivamente demanializzata, inizia un periodo di relativa tranquillità e benessere che
durerà fino al XVIII secolo. L'aspetto urbano di Cefalù, pur mantenendo inalterata la struttura viaria,
si modifica sensibilmente attraverso alcune operazioni di ristrutturazione e sostituzione che riguardano l'edilizia
civile e religiosa.
Dal XVI secolo a oggi. Questo periodo di rinnovamento edilizio riguarda anche alcune opere di
sistemazione del piano della Cattedrale: nel 1585 il vescovo Preconio ne modifica lo spazio antistante con la
costruzione del sagrato sopraelevato, cui si accedeva per una breve scalinata (questa sistemazione è stata
sostituita dall'attuale nel 1851). La piazza viene definita dai prospetti del palazzo Piraino, dal palazzo
Martino-Atanasio e dal monastero di S. Caterina già esistente sin dal XIII secolo. Tra il XVI e il XVII secolo
viene ristrutturata, inoltre, l'antica cinta muraria per adeguarla alle nuove esigenze di difesa e vengono
consolidate le preesistenti porte urbane: la Porta Giudecca (o di S. Antonio) a est, restaurata intorno al 1635; la
Porta di mare (o Pescara) a ovest; la Porta dell'Arena (o d'Ossuna) a sudovest; la Porta di terra a sud. La punta
di Capo Marchiafava viene rafforzata con la costruzione di un bastione (1640). Nel 1590 il vescovo Gonzaga inizia la
trasformazione dell'antica residenza vescovile, che prosegue durante il XVII e il XVIII secolo. Nel 1638 nei locali
adiacenti al Palazzo Vescovile fu trasferito il Seminario dei Chierici, fondato nel 1590. Durante il XVII e il XVIII
secolo la città consolida la sua nuova immagine attraverso una graduale ristrutturazione dell'edilizia: la
nobiltà locale costruisce nuovi palazzetti che costituiscono legame tra l'edilizia più aulica e
l'edilizia minore. Con l'abolizione della feudalità (1812) e lo smembramento dei beni ecclesiastici dopo
l'unificazione, per la città subentra un periodo di ristagno e di decadenza. Fino alla metà del
Novecento l'espansione della città al di fuori delle mura (nella fascia compresa tra la Porta di terra e il
trecentesco convento di S. Francesco) è modesta, a causa della massiccia emigrazione che interessa il
territorio a partire dalla fine dell'Ottocento. L'espansione irregolare degli ultimi decenni invece ha soffocato il
centro antico, snaturando l'originario rapporto tra la città e la campagna.